L’Italia si unisce al Canada
contro le detenzioni arbitrarie

ROMA – “Congratulazioni al Canada per il lancio della Dichiarazione contro la detenzione arbitraria nei rapporti Stato-Stato. Pronti a impegnarsi in modo costruttivo con i partner internazionali per porre fine a questa atroce pratica “: è questo il testo del tweet pubblicato pochi giorni fa sul profilo ufficiale del Ministero degli Affari Esteri italiano, con cui la Farnesina manifesta il sostegno dell’Italia alla Dichiarazione canadese contro la detenzione arbitraria nelle relazioni tra Stati.Ci sono, quindi, 57 Stati che sostengono l’iniziativa canadese (leggi la Dichiarazione qui: Arbitrary detention in state-to-state relations). “Un quarto dei paesi [del mondo] , da tutti i continenti, si uniscono per dire a color

 

o che vengono arbitrariamente arrestati per motivi diplomatici che non sono soli. Noi siamo con loro – ha dichiarato il ministro degli Esteri canadese Marc Garneau -: questa pratica illegale e immorale mette a rischio e mina i cittadini di tutti i paesi lo Stato di diritto”.

Il riferimento, implicito, è al caso di Michael Kovrig e Michael Spavor, due cittadini canadesi arrestati in Cina nel dicembre 2018 dopo che le autorità canadesi avevano rilasciato le manette ai polsi di Meng Wanzhou, leader del colosso tecnologico cinese Huawei e figlia del fondatore del gruppo, fermato su richiesta delle autorità statunitensi che vogliono processarla con accuse di frode legate al commercio con l’Iran.

Quindi anche l’Italia si unisce, come si legge su Twitter (leggilo qui: il tweet della Farnesina) dove l’Italia si dice pronta “a impegnarsi in modo costruttivo con partner internazionali per porre fine a questa atroce pratica”.

Come è noto, in Italia c’è preoccupazione per il caso di Patrick Zaki, ricercatore dell’Università di Bologna detenuto da un anno in Egitto, ma secondo la rivista italiana Formiche.net – leggi qui: Perché l’Italia si unisce al Canada contro le detenzioni arbitrarie (c’entra Huawei) – l’obiettivo principale dell’iniziativa è Pechino: “E poiché il nostro Paese (fortunatamente) non ha un dossier di detenzioni arbitrarie aperto con la Cina, quello che arriva da Roma potrebbe essere un messaggio diretto a Pechino su 5

 

G e in linea con la visione atlantista del nuovo presidente Draghi. Un segnale inviato proprio nelle fasi in cui il nuovo governo sta lavorando al Recovery Fund che attualmente prevede 46 miliardi di euro per la digitalizzazione. Un tesoro su cui diverse aziende hanno messo gli occhi, comprese le cinesi Huawei e Zte, verso le quali l’ostilità degli Stati Uniti non è diminuita nonostante il campo di guardia tra Donald Trump e Joe Biden alla Casa Bianca “.