CORRIERE CANADESE / Interferenze, la Telford non rivela nulla. Affondo di Poilievre sulla Fondazione Trudeau

OTTAWA – Testimoniando davanti a una commissione parlamentare venerdì, il capo dello staff del primo ministro Justin Trudeau, Katie Telford, ha offerto pochi nuovi spunti sulla questione dell’interferenza straniera, anche se documenti forniti ai parlamentari hanno rivelato le date dei briefing di intelligence di alto livello forniti al primo ministro su questo argomento tra il 2018 ed il 2023. 

Nei documenti forniti alla Commissione per le Procedure e gli Affari Interni (PROC) prima della testimonianza della Telford, infatti, il consigliere per la sicurezza nazionale e l’intelligence (NSIA) Jody Thomas ha delineato quante volte sono stati forniti briefing formali al primo ministro, al suo ufficio, ai ministri di gabinetto ed ai rappresentanti di partiti politici, e da chi.

Di fronte ad una serie di domande da parte dei parlamentari, la principale assistente di Trudeau dal 2015 è stata quindi interrogata sulla sostanza e sulla natura dei briefing di cui faceva parte. Ma, citando i limiti legali a cui è soggetta, ha parlato con cautela di ciò che lei e Trudeau sapevano – e quando – su specifiche accuse di tentativi da parte della Cina di interferire nelle campagne federali del 2019 e del 2021, per mantenere i liberali al potere. “Purtroppo non posso parlare nello specifico, ma, facendo un passo indietro, il primo ministro è stato regolarmente informato su ciò che stava accadendo intorno all’interferenza elettorale nelle ultime due elezioni”, ha detto la Telford durante le sue due ore e mezza di testimonianza giurata.

Quanto ai punti specifici riportati da Global News in merito alle accuse secondo le quali il governo cinese avrebbe finanziato almeno undici candidati nella corsa delle elezioni federali del 2019, Telford ha risposto che i rapporti su questo argomento sono “imprecisi”, perché “l’intelligence raramente dipinge un quadro completo, concreto o attuabile”, ha detto.

Intanto, sul governo guidato da Justin Trudeau si è abbattuta una nuova bufera: quella legata alla Fondazione Trudeau, intitolata al padre del primo ministro. Il leader conservatore Pierre Poilievre ha infatti scritto alla Canada Revenue Agency (CRA) chiedendole di “avviare un completo audit” della Fondazione con particolare attenzione alle donazioni che l’ente di beneficenza ha ricevuto da governi stranieri. La lettera segue la diffusione della notizia secondo la quale una controversa donazione di 140.000 dollari fatta in beneficenza da due uomini con legami con il governo cinese è stata restituita.

Nella lettera, Poilievre chiede alla CRA di eseguire l’audit “con particolare attenzione alla donazione che è stata oggetto di rendicontazione pubblica, nonché a qualsiasi altra transazione finanziaria che possa avere un collegamento con governi stranieri o loro associati”.

Come ha scritto il Globe and Mail, i due cinesi – uomini d’affari successivamente identificati dal giornale come legati al governo cinese – si erano impegnati nel 2016 a donare 200.000 dollari alla Fondazione. La stessa Fondazione in seguito ha affermato di aver ricevuto solo $ 140.000 dell’importo promesso, sotto forma di due pagamenti da $ 70.000 a nome di una società.

Secondo la lettera di Poilievre, la donazione di 140.000 dollari, effettuata senza identificare i legami dei donatori con il governo cinese, solleva seri interrogativi su “spaccio di influenza straniera, tentativi di nascondere la vera fonte dei fondi e, potenzialmente, frode”.

Poco dopo che è emerso il legame degli uomini d’affari con la Cina, la Fondazione ha annunciato la restituzione dell’intero importo della donazione, dichiarando che “è stato emesso un assegno di rimborso a nome del donatore che ha effettuato tali pagamenti ed al quale sono state emesse le ricevute di beneficenza CRA”. Venerdì la fondazione stessa ha anche scritto una lettera al revisore generale del Canada, Karen Hogan, chiedendo al suo ufficio di indagare su “tutti gli aspetti riguardanti la ricezione e la gestione di queste donazioni da parte della fondazione” e promettendo che la Fondazione “coopererà pienamente a tale indagine”.

La vicenda ha comunque avuto, come conseguenza, le dimissioni dell’intero consiglio di amministrazione della Fondazione perché “la controversia sulla donazione ha esercitato una forte pressione sulla direzione della Fondazione e sul consiglio di amministrazione dei volontari, nonché sul nostro personale e la nostra comunità. Le circostanze create dalla politicizzazione della Fondazione hanno reso impossibile continuare con lo status quo ed il consiglio di amministrazione si è dimesso”, recitava la comunicazione ufficiale della Fondazione, diffusa la scorsa settimana.

Nella foto in alto, Katie Telford durante l’audizione della Commissione (foto: YouTube / CPAC)